"La Venere di Milo non sarebbe elegante senza un grande sarto": parola di Charles James, il coutourier americano del secondo dopoguerra a cui il Metropolitan Museum di New York dedica la mostra di primavera del Costume Institute: non una mostra qualunque, perchè quest'anno l'evento di maggio che per il museo americano è da 16 anni una gallina dalle uova d'oro è l'occasione per ribattezzare il rinnovato Istituto in onore della donna che dal 1998 ha garantito incassi per 125 milioni di dollari: la direttrice di "Vogue" Anna Wintour.
Tanto importante è l'appuntamento che per il taglio del nastro e il gala serale, una vera e propria fiera delle vanità per divi di Hollywood e celebrità dei salotti e di Wall Street, è venuta da Washington Michelle Obama.
Il Centro Anna Wintour, costato 40 milioni di dollari e tre anni di lavoro, e la mostra su James hanno aperto i battenti l'8 maggio.
"Sono qui oggi a causa di Anna", ha detto Michelle a cui due volte "Vogue" ha dedicato la copertina, definendola nel processo "la First Lady della moda". La moda "è un business e un'arte", ha aggiunto la moglie del presidente a un pubblico di vip assembrati nel Tempio di Dendour: tra questi Sarah Jessica Parker, Diane Von Furstenberg, Tory Burch, Zac Posen, Ralph Lauren, Mary Kate ed Ashley Olsen e Donatella Versace.
Quanto a Charles James, semisconosciuto britannico del Berkshire, ma naturalizzato americano, è una riscoperta della Wintour e del direttore del Costume Institute Harold Koda: "Un genio della moda e un grande maestro", ha spiegato Koda, mentre secondo il direttore del Met, Thomas P. Campbell, è stato il primo grande coutourier americano, ma non solo: "Si considerava un artista e si avvicinava alla moda con l'occhio di uno scultore e la logica dello scienziato". James arrivò negli USA giovanissimo e lavorò a New York tra il 1940 e i primi Anni '50 conquistando la sua clientela con quegli abiti da sera ispirati ai ball gown creati dai costumisti di Hollywood con gran frusciare di raso e scollature scolpite, drappeggi e arricciature. Negli anni Cinquanta James divenne tra i sarti preferiti dalle ricche signore di New York con nomi e cognomi dal sapore del dollaro come Austine Hearst (giornali) e Millicent Rogers (petrolio), alle quali dedicò abiti battezzati "Butterfly", "Diamond", "Tree", "Swan".
Sono questi abiti che riempiono la Great Hall del museo, installati su piattaforme rotanti tra specchi come ad un grande ballo, ma analizzati e decostruiti con proiettori high tech che dirigono lo sguardo dello spettatore sul punto dell'abito che si sta osservando.
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